In
questi ultimi giorni Luca Paladini, portavoce dei Sentinelli di Milano è oggetto di un
attacco social molto vile: c’è qualcuno che continua ad aprire pagine a suo
nome accusandolo di essere un PEDERASTA, Non si risparmia oltre allo sberleffo
le minacce fisiche. All’inizio pensavo che fosse un malato di mente che soffre
di invidia nei confronti della vita di Luca, un uomo impegnato e strenuo
difensore della laicità, dell’antifascismo, dei diritti civili invece alcuni
indizi, tra i quali in un commento la citazione di un luogo, Viale Piemonte a Cologno
Monzese, dove si trova la redazione di RTL 102.5 , recentemente
sotto l’attacco di FORZA NUOVA per la sua campagna mediatica VERY NORMAL
PEOPLE, a difesa dei diritti di chi è differente dagli stereotipi e dalle
convenzioni sociali inculcateci. Altra cosa che mi ha dato da pensare l’ho
trovata nei cassetti della memoria; quando ero ragazzina un paio di amici della
compagnia erano diventati uno skinhead e ultrà di una squadra milanese
(skin-squadra milanese, indovinate quale), l’altro celerino, entrambi di destra
per offendersi a vicenda quando facevano gli scemi si chiamavamo “pederasta” a
vicenda.
Beh,
a questo punto secondo me è un attacco ben strutturato, un attacco di matrice
ideologica e politica di stampo fascista. Se vi va leggete questo passaggio
sulla storia del fascismo e su come l’omosessualità venisse usata come “arma”
per annientare i personaggi politici scomodi:
“Mussolini ha un arma molto potente nelle sue mani, molto più
infima delle leggi razziali da usare contro i suoi oppositori di partito:
l’omosessualità (oltre ai vari dossier dell’OVRA su ogni singolo Gerarca,
avendo sotto ricatto l’intera classe dirigente).
In epoca fascista, infatti, gli omosessuali sono
considerati avere una vera e propria malattia. Per loro c’è il confino o
perfino il manicomio. Alle volte non serve neppure che l’accusa sia fondata,
basta mettere in moto il meccanismo della calunnia (attenzione, oggi avviene la
macchina del fango dei giornalisti e della televisione) per distruggere la
reputazione di personalità anche molto importanti. Nel discorso alla
camera del 16 maggio 1925, il ministro della giustizia Alfredo Rocco, indica
testualmente come uno dei principali compiti dello Stato sia: “reprimere, tutte
le forme di deviazione e di degenerazione della morale pubblica e privata” ed
in questo ambito rientra anche l’omosessualità. Nel codice penale, approvato il
19 ottobre del 1930 si evita di prevedere direttamente il reato di pederastia:
“certe cose, meno le si nota e le si nominano e meglio è! Il paese è abbastanza
sano, il turpe vizio non è diffuso” afferma il giurista.
I provvedimenti contro gli omosessuali di allora
rientrano in quelli relativi all’ordine pubblico e in poco tempo più di 2000
persone vengono confinate, per questa ragione, alle isole Tremiti, alle Egadi,
a Ponza, confusamente rubricati come “politici”
o come “delinquenti comuni”. Per quelli che restano nei luoghi d’origine c’è
una quotidiana persecuzione fatta di ammonizioni, diffide, arresti, schedature,
interrogatori, pestaggi, il calvario dei così detti “traditori della stirpe”
include anche il manicomio che inghiotte silenziosamente un numero imprecisato
di persone: quelle a cui il regime nega ogni diritto civile, trovandole in
contrasto con i “sacri destini della
gioventù italica”.
L’accusa di omosessualità è per lui uno strumento
micidiale per allontanare o destituire persone politicamente scomode, per
ammorbidire, minacciare, ricattare, personaggi anche illustri. Per controllare
ed intimorire RAS e Gerarchi troppo intraprendenti o paradossalmente troppo
onesti.
Il sospetto di pederastia, inchioda ed è
inappellabile: vero o falso che sia, è inaccettabile, inammissibile e le teste
a cadere sono tante.
Si pensi che la prima è quella dell’onesto Augusto
Turati, fascista della prima ora, chiamato da Mussolini alla segreteria del
partito nazionale fascista proprio per svolgere un opera moralizzatrice dopo la
gestione Farinacci. Turati dovrebbe moderare l’ingordigia dei Gerarchi e certo
prende il suo compito molto sul serio, fino a pestare i piedi perfino agli
“intoccabili” del regime.
Sono in molti a lamentarsi: Costanzo Ciano, Emilio De
Bono, Renato Ricci, ma a tendere la corda al boia è proprio Roberto Farinacci
che attacca Turati dalle pagine del suo giornale, “il regime fascista” di Cremona. Come evitare lo scandalo?
Intanto Turati che dal 1930 era anche direttore del
quotidiano “La Stampa” viene sospeso nel 1932 dal partito fascista, una
punizione non sufficiente a evitare che la strategia della calunnia segua il
suo corso.
Se ne occupa ancora una volta Roberto Farinacci. Egli
si procura una lettera compromettente inviata da Augusto Turati ad una mezzana
torinese, proprietaria di una casa di tolleranza. Il direttore de “La Stampa” ha avuto l’imprudenza di
chiedere alla tenutaria di incontrare come è avvenuto altre volte il
“maschietto”. Scatta quindi l’accusa di pederastia, anche se “il maschietto” in
oggetto non sarebbe un ragazzo, ma una prostituta giovanissima con i capelli
tagliati, appunto, alla “maschietta”.
Mussolini, lascia che le illazioni partite da Cremona
crescano fino a diventare verità. Turati aveva toccato i poteri forti, che
andavano lasciati indisturbati e viene bollato come “invertito” colpevole della “aborrita sodomia” e intorno a lui si fa il gelo: viene
emarginato ed espulso definitivamente dal PNF ed è esiliato a Rodi dove rimane
fino al 1937 e tormentato crudelmente negli anni successivi. Giovanni
Giuriati, successore di Turati, alla guida del Partito Nazionale Fascista farà
presto la stessa fine del suo predecessore. Anche Giuriati, come Turati ha
l’incarico di indagare sugli affari dei fedelissimi del regime e pagherà a caro
prezzo la denuncia della diffusa corruzione.
Non solo Giuriati scopre le illegalità commesse dai
gerarchi più importanti, ma fa molto di più: passa al vaglio l’intero partito
fascista e compila una lista di truffatori da epurare, una lista lunghissima.
Come zittire, il nuovo e più pericoloso Savonarola?
Giuriati viene travolto dallo scandalo, insieme al
direttore degli uffici di questura della Camera dei deputati, in una delazione
inviata all’ufficio della polizia politica, si legge: “ il direttore degli
uffici di questura, sfruttando la sua posizione conduce una vita dissoluta,
accompagnandosi fino a tarda notte in atteggiamenti lascivi con giovani
militari e con il personale in servizio a Montecitorio. Per la sua pederastia
passiva è sempre riuscito a salvarsi, perché Giuriati, avendo il suo stesso
vizio, non ha potuto agire contro di lui”. Giuriati conosce bene il direttore
degli uffici della questura essendo nel 1930 (oltre che segretario del partito)
anche presidente della Camera. Viene quindi accusato di aver protetto l’amico.
Dietro questa campagna infamante ci sono l’onnipresente Roberto Farinacci e
Achille Starace (vice di Giuriati). La testa di Giuriati rotola, dunque, dopo
appena 14 mesi di incarico, nonostante da molti sia considerato il miglior
segretario della storia del Partito nazionale fascista.
“Chi di spada
ferisce, di spada perisce”, anche Achille Starace (dopo aver affossato
Giuriati) prende il tremendo incarico di guidare la segreteria del partito nel
dicembre 1931 e rischia di essere vittima della stessa accusa di omosessualità:
finirà nelle grinfie del capo della polizia Arturo Bocchini, il quale trova
irritante tutto quell’atletismo circense che il segretario ama in modo
particolare.
Starace non perde occasione, infatti, per esibirsi
atleticamente davanti agli occhi del Duce e il superpoliziotto Bocchini (con
quella sua mole piuttosto sgraziata) si sente tagliato fuori. Confeziona,
dunque, delle micidiali informative su alcune presunte esperienze sessuali di
Starace. Si dice che questi sia stato espulso dal collegio nazionale di Lecce
per pederastia passiva e che successivamente avrebbe preso parte ad orge con
uso di stupefacenti e varianti sodomitiche. Un accusa incredibile, per il
Duce, ogni giorno esaltato dal suo fedele gregario.
Questa volta è lo stesso Mussolini a impedire che la
macchina della diffamazione stritoli Starace (uno dei suoi gerarchi più fidati
e obbedienti) mette quindi personalmente a tacere Bocchini.
Il caso più singolare concerne due personaggi di punta
dell’apparato repressivo. Carmine Senise, capo della polizia dal 1940 al 1943,
divide l’appartamento da diversi anni con Leopoldo Zurlo, il responsabile della
censura teatrale e questo è sufficiente per destare sospetti. I delatori non
mancano. La lettera anonima questa volta viene inviata a Donna Rachele
Mussolini nel 1943, vi si legge: “l’attuale
capo della polizia, anche moralmente, è pacatissimo. Egli è un pederasta e da
tanti anni convive con l’eccellenza Zurlo che gli fa da amica ed è anche in
rapporti intimi con la sorella di lei. Qualche giovane funzionario di pubblica
sicurezza è in rapporti omosessuali con lui, ed è divenuto per questo ricco e
strapotente, temuto da tutti. Credete voi che ce ne sia abbastanza per
cacciarlo via, come merita? O volete aspettare che possa sotterrare le accuse?”.
Fin qui, abbiamo visto come lo spettro
dell’omosessualità sia stato usato contro eminenti personalità del partito
fascista, ma le dicerie sfiorano persino il colle più alto: il Quirinale.
C’è una questione molto scabrosa, che serpeggia fin
dagli anni trenta in Italia, una questione così scottante da essere taciuta
ancora e da venire confinata nel pettegolezzo dopo la fine della guerra e per
molti anni ancora: si tratta della presunta omosessualità del Principe Umberto,
erede al trono del Savoia. Voci che correvano nonostante il principe avesse
quattro figli con la moglie Maria Josè e gli fossero attribuite inoltre,
numerose amanti.
Giovane e di bello aspetto, è di modi gentili,
elegante, a volte un po’ eccentrico, chiamato in tutta Europa “le Prince Charmant”
(il principe azzurro).
Umberto è brutalmente definito dall’Ovra (la polizia
politica) “il principe pederasta”. Un arma di ricatto straordinaria per
Mussolini, che non nutre certo simpatia per la Monarchia.
Nel 1928, in Belgio, l’erede al trono scampa
all’attentato di un socialista italiano e da quel momento con la scusa di
proteggerlo, gli viene tessuta attorno una fitta rete di controllo. Il dossier
concerne alcune relazioni che Umberto avrebbe avuto fin dagli anni giovanili
con Luchino Visconti, il pugile Primo Carnera, l’attore francese Jean Marì e
ufficiali dell’esercito.
Il tenente Enrico Montanari, bersagliere e futuro
partigiano, racconta nelle sue memorie di aver respinto le regali avance e di
aver pagato quel rifiuto con la fine della sua carriera. Ma a tradire
definitivamente il principe rivelando numerosi particolari compromettenti è il
suo stesso attendente personale.
Mussolini, tiene dunque in pugno Umberto, tanto da
poterlo ricattare.. eppure nulla trapela. Il Duce si limita a specificare con
una velina ai giornali che: “Questi,
non deve mai essere definito principe ereditario, ma solo principe del Piemonte“. E’
allora che la stampa fascista comincia ad attaccare la monarchia più
direttamente e Umberto viene derisoriamente soprannominato “Stellassa” (bella stellina). Le
carte del dossier devono essere state considerate dal Duce di tale importanza
che le porta con se nei giorni della Repubblica di Salò. Tenute nella famosa
borsa che portava il Duce, durante il suo ultimo viaggio furono prese dai
partigiani e queste carte scompariranno misteriosamente.
Così personalità di grande rilievo venivano tenute
“sotto scacco” con la accusa di omosessualità. Che si tratti di pura calunnia o
che ci siano invece dei fondamenti di verità in fondo cambia poco.
Per Mussolini, l’importante è raggiungere il suo
scopo: controllare ed eventualmente eliminare i suoi uomini.
Ma quali sono, invece, i provvedimenti previsti dal
regime per chi non ricopre cariche di prestigio? Quale è il destino degli
Omosessuali?
A Catania, un uomo per vestirsi in maniera definita
“effeminata” viene costretto all’ispezione medica del retto e dichiarato:
“persona dedita alla pederastia passiva” viene per questo condannato, dopo
processo, a cinque anni di confino da scontare alle isole Tremiti. Ora in
questo punto voglio fare una precisazione: bisogna considerare la pena
(assolutamente da condannare) all’epoca in cui questi avvenimenti
accadevano. In regimi come quello spagnolo, portoghese, nazista, ungherese
la condanna era molto più estrema: avvenivano uccisioni o condanne capitali
senza processo.
In Italia, il regime si limitava al confino. Anche qui
una delle grandi caratteristiche del nostro popolo: “la via di mezzo” le mezze condanne o le mezze assoluzioni.
A S.Domito nelle Tremiti, c’è una
colonia penale di “signorine” così vengono chiamati un centinaio di Omosessuali.
Antonio B. viene definito dalla polizia: “pederasta tipico della sua inveterata
deplorazione, per le sue fattezze fisiche e per il suo modo di comportarsi che
non fa mistero delle sue bieche tendenze alla femminilità, tanto che si
compiace di farsi chiamare Ninetta, inoltre si vanta di avere parecchi amanti
con i quali accoppiarsi in luoghi reconditi, qualche volta sorpreso in
atteggiamenti lascivi, ributtanti”.
Di Giuseppe L.P. viene fatto questo ritratto: “dal viso scarno, gli occhi infossati, dalle
narici larghe, le labbra grosse: appare il tipo perfetto del sensuale. La voce
non rivela anomalie, ma è la pratica nell’intimo che da prova della sua
perversione sessuale.”
Il questore per avere una conferma oggettiva
dell’omosessualità sottopone tutti gli imputati per pederastia a visita medica.
La definizione di: “pederasta occasionale, non ad uso a coito abituale” è la
meno ricorrente e la più neutra delle definizioni.
In un ultimo episodio Barbaro M. (che ha un fratello
dottore) scoppia una vera lotta di perizie e controperizie. Il malcapitato, nel
frattempo, è stato confinato alle isole Tremiti.
L’ultima parola spetta perciò al responsabile di
quelle colonie penali: il medico provinciale di Foggia.
Nella conclusione la sua perizia è spietata: “Culo rotto” scrive e il ricorso è
respinto. In realtà nella gran mole di certificati medici, i responsi sono
molto peggiori, disumani nel dettaglio.
Il fascismo derideva e si accaniva contro “i traditori
della razza” e il reato di omosessualità era considerato ai tempi uno dei reati
più infamanti, ma più in generale è la vita sessuale ad essere sotto
osservazione e gli agenti dell’OVRA riempiono pagine e pagine sulle abitudini
più private e segrete di personaggi anche molto illustri”.
_Emilio
Gentile, Fascismo storia e interpretazione
_Renzo
De Felice, Mussolini il fascista
_Tommaso
Giartosio, Gianfranco Goretti, La città e l’isola. Omosessuali al confino
nell’Italia fascista
Fonte: http://dasandere.it/il-mussolini-privato-e-il-reato-della-pederastia-le-ragioni-di-una-sconfitta-2/
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